martedì 19 aprile 2011

Latorraca, PD: una moderna sanità è necessaria

La necessità di una sanità moderna e quindi di un ospedale nuovo, la scarsa capacità di comunicazione dell'Amministrazione comunale. Alessandro Latorraca, medico e consigliere comunale del Partito democratico, entra nel vivo della questione sanità.



Quali sono le sue valutazioni sul referendum per l'ubicazione dell'ospedale nuovo?
«Il referendum è un’istituzione di grande valenza democratica che tuttavia è andato progressivamente deteriorandosi fino a perdere il suo significato più autentico. Penso che la querelle nata sull’ubicazione dell’ospedale sia stata un atto determinatosi dalla sensazione diffusa che la decisione dell’amministrazione fosse troppo affrettata e poco ragionata, poco condivisa.

Una delle pecche maggiori che sembra contraddistinguere questa amministrazione è una difficoltà cronica di comunicazione, soprattutto in un periodo dove vanno crescendo sensibilità come quella di democrazia partecipativa, municipalismo comunitario, concetti che andrebbero approfonditi con convinzione anche nella nostra città apparentemente poco attenta a tali grandi temi.

A riguardo dell’ospedale i tempi erano molto stretti e allora sembrava necessaria un’accelerazione anche da parte del consiglio comunale anche se, oggi, nutro qualche dubbio sulla fretta necessaria. E’ anche vero che già in alcuni documenti del 2008 si parlava della possibilità del nuovo ospedale e anche nel programma del sindaco era prevista tale importante opera.

Si poteva, secondo me, avviare una qualche forma di partecipazione preventiva che solo a progetto ormai avviato si è cercato di recuperare. A tale riguardo non è secondario il riferimento alla legge regionale sulla partecipazione che onestamente è stata del tutto disattesa. Mi auguro che per altre partite importanti che si vedono sullo sfondo non sia più così.

Per concludere è necessario confermare comunque che le preoccupazioni espresse dal comitato referendario sono sempre state anche le preoccupazioni del sindaco e del gruppo consiliare: viabilità in primis, impatto ambientale, sicurezza geologica e non da ultimo pensare al nuovo ospedale cercando di inserirlo in un’idea generale di città che si concretizzerà con il nuovo piano regolatore del porto e con il nuovo piano strutturale.

Non è possibile vedere la città in termini di territorio da consumare, ma in una logica di urbanistica inclusiva dove la preservazione del paesaggio sia centrale e dove risulti vincente una visione integrata di ecologia e socialità. Io stesso mi sono impegnato più volte cercando di far capire che la decisone dell’ubicazione in via Mondolfi era stata sicuramente approfondita e non figlia di un avventurismo urbanistico come taluni referendari cercavano di far credere.

Un ultimo appunto è sul mal celato tentativo da parte delle opposizioni di dare carattere politico a tale istituto visto come una sorta di rivincita delle amministrative.

In parte anche questo ha determinato il risultato avvilente in termini di partecipazione a cui abbiamo assistito.

In conclusione sono convinto che comunque il referendum sia stata un’occasione positiva per la città al di là dell’affluenza, avendo sostenuto personalmente, nel partito di cui faccio parte, la necessità di invitare le persone ad andare a votare ed esprimersi per il no».

Quali sono, secondo Lei, i cardini di una moderna sanità?

«Il nuovo ospedale come richiede la legge regionale dovrà rispondere ad un nuovo concetto di organizzazione, quello per intensità di cura e non solo (L.R 40/2005 art.68).

Non è possibile in una sede come questa parlarne in maniera esauriente, ma, come vado dicendo da tanto tempo, è necessario incominciare a farlo perché stravolgerà il sistema di cura ospedaliera molto più che la costruzione dell’edifico in sé con grandi conseguenze sul cittadino-paziente-utente e sul ruolo dei medici e degli infermieri che subirà una profonda evoluzione culturale prima di tutto. Ciò è quello che mi preoccupa di più perché vedo sul piano una classe di operatori della sanità largamente impreparata a questo nuovo assetto.

L’intensità di cura propone la centralità del paziente valutato nel suo gradi di criticità o instabilità clinica, quindi non più in base all’organo colpito. Intorno al paziente ruoteranno i vari servizi diagnostici e specialistici dell’ospedale e lo seguiranno nei vari gradi di criticità dal 1° al 3°. Ruolo essenziale e centrale sarà quello del medico tutor, l’unico che seguirà per intero il percorso del paziente e che quindi avrà la possibilità di seguire con lui personalmente e con i familiari tutto l’iter di malattia.

Un nuovo approccio che supera gli steccati delle specialistiche, ricalibrando la sanità sul ruolo del medico. Figura centrale come mostra anche l’ultima sentenza della cassazione sui tempi di ricovero».

Ci parli del ruolo della società della salute.

«In questa visone diventa centrale un nuovo rapporto tra ospedale e territorio. Depotenziare l’ospedale e potenziare il territorio è questa la sfida versa.

Il territorio dovrà riqualificare i servizi offerti sia nella specialistica che nella diagnostica. Dovrà trovare posto uno spirito di continuità assistenziale in cui il medico di famiglia giochi finalmente un ruolo da attore.

E’ responsabilità anche di quest’ultimo un territorio che funzioni e sarà necessario un salto nella professionalità e nelle capacità di gestione da parte di quest’ultimo.oggi troppo proteso ad una burocratizzazione della professione.

Centrale in questo sarà la Società della salute, che tutti sappiamo essere una scommessa. Non è vero che è un carrozzone anche perché la legge regionale dice che si debba ricorrere a quelle struttura che già sono presenti tra ASL e Comune.

Viceversa è un modello che ridà alla politica un ruolo non certo nella gestione dei servizi ma sicuramente nell’idea du salute e nella programmazione di salute di un territorio e di una comunità. Il problema è che sia il comune che l’Asl dimostri di crederci e metta ad esempio il direttore nella propria piena capacità di azione.

In questo ci sono sicuramente dei ritardi, in gran parte dovuti alla storia dei consorzi ma non vorrei che larvatamente gli ostacoli poi siano come al solito di calcolo e di freno alle novità».

Bianca Morelli(da OgniSette)