martedì 22 giugno 2010

MORIRE DI LAVORO(intervento in consiglio comunale)

LA CRONACA DI QUESTI GIORNI HA RIPORTATO DRAMMATICAMENTE ANCHE NELLA NOSTRA CITTA' IL FATTO CONCRETO CHE DI LAVORO SI PUO' MORIRE.
DUE GIOVANI VITE STRAPPATE AL LORO FUTURO E AI LORO CARI.
NON E' POSSIBILE NON FARSI CARICO COME ISTITUZIONI CITTADINE DI SIMILI DRAMMATICI EVENTI; E' COMPITO DELLA POLITICA ASSUMERSI LE PROPRIE RESPONSABILITA' DOPO LA NATURALE E DOVEROSA PARTECIPAZIONE AL LUTTO DELLE FAMIGLIE COLPITE.
PRIMO COMPITO DELLA POLITICA E' QUELLO DI RIAFFERMARE CON FORZA LA CENTRALITA' DELL'UOMO NEL CONCETTO DI LAVORO.
RIAFFERMARE UNA CULTURA FORTE DEL LAVORO CONSIDERATO COME BENE PRIMARIO DELL'UOMO, COME VOCAZIONE UNIVERSALE DI OGNI UOMO E DONNA.
IL LAVORATORE – PERSONA UNICO SOGGETTO DEL LAVORO STESSO.
ESSO NON PUO' MAI E IN ALCUN MODO ESSERE POSTO AL SERVIZIO DI UNA VISIONE ESCLUSIVAMENTE UTILITARISTICA ED ECONOMICISTA O MATERIALISTA DEL LAVORO, E NOI TUTTI SAPPIAMO INVECE COME OGGI QUESTO SI VERIFICHI SEMPRE IN MAGGIOR MISURA, SOPRATTUTTO DOPO I TRAVOLGENTI FENOMENI DI GLOBALIZZZAIONE DEL LAVORO E DELL'ECONOMIA.
E' NECESSARIO CON URGENZA OGGI SALVAGUARDARE UNA CULTURA DOVE SIA AFFERMATO CON FORZA IL PRINCIPIO DELLE PERSONE SULLE COSE.
IN CUI IL POSTO DI LAVORO NON SIA MAI MESSO IN BALLOTTAGGIO CON LA VITA.

La legislazione italiana fin dal 1994 con il dlgs 626/94 si era dotata di una buona
legge che metteva al centro il rispetto della vita della persona coniugando sicurezza
ed organizzazione del lavoro, obbligando i datori di lavoro alla valutazione dei rischi in
una logica partecipativa che si proponeva di coinvolgere tutti i soggetti interessati.
Il testo unico approvato in seguito integra la legge 626/94. Precisa gli obblighi dei
datori di lavoro, l’importanza dei controlli (pensiamo al lavoro nero e agli appalti al più
alto ribasso) e del coordinamento fra i vari soggetti (ispettori, Asl, vigili del fuoco…),
la formazione e la prevenzione, l’istituzione del rappresentante dei lavoratori a livello
territoriale, gli incentivi e gli aiuti alle imprese che lavorano rispettando le leggi della
sicurezza.
Non bastano però buone leggi, occorre una cultura della sicurezza sul lavoro diffusa
e patrimonio di ogni persona. Occorre investire in informazione e formazione anche
nelle piccole e medie imprese che rappresentano in Italia oltre il 90% delle aziende.
Convincersi che la sicurezza conviene: conviene alla persona che lavora, conviene
all’impresa, conviene alla collettività.
La questione è che il lavoro è ancora considerato sostanzialmente
una merce, anche se, in questo caso, la ‘merce’ non è un prodotto, ma una
persona con la sua dignità. È evidente che ci sia una questione di cultura del
lavoro sia da parte del datore del lavoro sia del lavoratore
La semplificazione delle leggi passa anche attraverso la formazione ma non è sufficiente, le leggi devono diventare più attuabili.
Molto spesso gli imprenditori trovano più conveniente applicare le certificazioni, che non sono obbligatorie per legge, che applicare le leggi stesse. Ma l’applicazione della certificazione senza l’applicazione della legge
lascia scoperte alcune aree di tutela, la più importante delle quali è proprio
la sicurezza sul lavoro. È un sistema che non ha al centro il problema della
salute. Infatti, anche se il legislatore considera una priorità la questione
della salute, il ‘mondo’ aziendale ritiene fondamentali altri aspetti, come il
miglioramento dei processi o il profitto, che fanno relegare in secondo piano il
rispetto per la vita delle persone.
Per evitare che la cultura del lavoro decada ulteriormente, serve innanzitutto
mantenere alta l’attenzione su questi problemi.
Il secondo passo è fare formazione. Il decreto legislativo 626/94 viene considerato un costo, ancor di più la formazione aziendale in generale, non solo quella sulla sicurezza
sul lavoro. Il decreto legislativo 626 è una legge che tutela la salute dei
lavoratori e che necessita di formazione; perciò, riunisce i due punti deboli
nella cultura aziendale: le spese per la formazione e le spese per la sicurezza.
A far aumentare gli incidenti c’è anche un’errata percezione del rischio
“La percezione del rischio è una questione centrale, ma anche in questo
caso frutto di percorsi educativi, formativi e culturali. La routine, altrimenti,
fa sì che una stessa operazione, la prima volta, sia fatta rispettando tutti i
meccanismi di sicurezza, fatta la centesima volta non ci si preoccupa più di
mettere neanche il casco. Quindi serve vigilanza e formazione continua”.
Un altro punto dolente è la scarsità di controlli…
“Il numero degli ispettori è irrisorio, e non solo. Ci sono aziende molto grandi
che hanno controlli da parte della vigilanza tutti i giorni, mentre ci sono
aziende medio-piccole che sono prese meno in considerazione dalla vigilanza e invece sono quelle dove si muore di più. Infatti, la grande azienda già di suo cerca di evitare gli
infortuni perché se c’è un incidente gli si blocca un cantiere per diversi mesi
e quindi è antieconomico, così anche gli uffici pubblici applicano le misure
per la sicurezza. È il piccolo e medio privato che non trova convenienza nel
rispettare le regole per la sicurezza ed è proprio su queste aziende che si
agisce poco.

venerdì 4 giugno 2010

Verso il referendum

La complessità richiede molta responsabilità, soprattutto in campo politico dove le scelte ricadono su tutta la collettività.
Ancora a proposito del nuovo ospedale riecheggiano qua e la voci alquanto superficiali. Adesso l'idea prevalente sarebbe quella di interpretare la costruzione di un nuovo ospedale nella nostra città come il tentativo di depotenziare la sanità livornese accrescendo quella pisana. Se questo sarà il tenore della campagna referendaria allora non ci sarà nulla da temere per chi è favorevola all'ubicazione di via Mondolfi (approssimandosi il referndum sarà bene cominciare ad essere precisi).
Io ho sempre dichiarato con forza che la discussione sul nuovo ospedale e sulla riorganizzazone dei servizi sanitari (tralasciando al momento quelli sociali)doveva purificarsi da ogni orpello ideologico e lasciare il passo ad un franco confronto sui fatti.
Penso che la costruzione del nuovo ospedale e soprattutto la riconversione del vecchio non potranno essere sganciati da una visione complessiva della città del futuro, questo da un punto di vista urbanistico ma anche da un punto di vista culturale e sociale e riconosco che poteva essere fatto di più da parte dell'amministrazione, soprattutto in termini di comunicazione.
Detto questo, siamo ancora in tempo a far si che la futura campagna referendaria non si trasformi in mera lotta politica;altrimenti, se crediamo nella buona fede di chi è andato a firmare, e io ci credo, sarebbero proprio le loro aspettative ad essere tradite.