giovedì 23 dicembre 2010

L'intervento in Consiglio Comunale che non ho mai fatto..tanto era inutile

Signor Presidente, signor Sindaco, colleghi consiglieri,
questa sera è necessario un surplus di chiarezza, un grande sforzo di responsabilità.
Siamo tutti chiamati questa sera a riflettere e discutere su un tema molto delicato, di primaria importanza per la città.
Sono d'altra parte convinto che certo non dipendono da queste mie parole le sorti di qualcuno o qualcosa.
Voglio dire che ho molto chiaro il segno del mio limite, ma alcune cose vorrei comunque sottolinearle.
Prima fra tutte l'assoluta necessità di distinguere piani personali da quelli istituzionali.
Non si tratta di fare processi sommari a nessuno.
Ognuno in questa vicenda dovrà assumersi le proprie responsabilità in maniera pubblica e chiara.
Il nocciolo della questione è tutto politico.
Mi chiedo e vi chiedo chi è sovrano in questa discussione..c'è una sola risposta: il popolo, la gente, questa comunità cittadina.
Siamo qui a discutere solo ed esclusivamente per il bene della città e dei livornesi.
Mi ha disturbato, lo confesso con forza, vedere oggi sul più letto quotidiano cittadino associare la questione della nomina del presidente dell'autorità portuale con la mappa del potere cittadino, disegnata in forma cristallizzata, stantia, atemporale.
Non è possibile stasera confermare o solo far ventilare che una questione così importante, così densa di conseguenza si esaurisca esclusivamente e sostanzialmente in una questione di potere.
Badate bene non sono ingenuo e so come tutti voi che il potere tutto avvolge, il potere, anzi i poteri tutto tendono a determinare. Ma voglio affermarlo con forza la gente è spaventata dal potere, quello nascosto, che gioca sulle proprie teste, senza farsi vedere, senza parlare, senza comunicarsi.
Il conflitto tra poteri se fatto alla luce del sole anzi è garanzia di democrazia, di sicurezza.
A cosa abbiamo assistito ? al fatto che un ministro della repubblica invocando le sue prerogative ha confuso sentimenti personali con chiare scelte politiche che in base all'articolo 54 della costituzione e in base al suo giuramento avrebbe dovuto fare nell'interesse esclusivo della nazione.
Noi non ce ne freghiamo politicamente delle sue prerogative come qualcun altro del suo partito ha gridato contro il Presidente della Repubblica.
Noi ci facciamo carico delle sue decisioni e cercheremo di far prevalere le ragioni delle nostre scelte in un quadro di correttezza istituzionale.
Badate se così non fosse tutto cadrebbe a pezzi.
Non ci stiamo, non vogliamo che il gioco rimanga sottominato.
Si chiarisca limpidamente per quanto questa parola possa avere significato in politica la situazione.
Per mesi molto più autorevoli colleghi consiglieri hanno parlato di maggiordomi, servitori. Non mi piace questo modo di parlare.
Si abbia il coraggio di parlare con chiarezza perchè la gente ha bisogno di chiarezza.
Il porto, la portualità ma come la sanità, il sociale, le opere di ediliza pubblica e privata, le grandi opere infrastrutturali, sono i pilastri su cui poggia la vita di una comunità e la politica ha la grande responsabilità di dover lavorare per il bene comune.
Ogni imprenditore, pubblico o privato ha l'obbligo morale di inchinarsi al bene comune; ogni amministratore sia esso sindaco o ministro o capo del governo o solo presidnte di un'autorità portuale hanno l'obbligo di inchinarsi al bene comune.
I passaggi che ora dovremo compiere sono in gran parte nella esclusiva potestà del sindaco.
Il consiglio con chiarezza e con ampio consenso aveva accolto con favore le scelte dell'aministrazione.
Oggi il sindaco è chiamato ad una grande responsabilità.
Sono convinto che la sua scelta non sarà dettata da impulsività o motivata da irrazionale ostinazione.
Il suo compito sono sicuro sarà quello di difendere la dignità della sua azione e del suo ruolo; ma soprattutto difendere un'intera comunità e sostenerla per il suo sviluppo; valutare come un buon padre di famiglia.
Nostro dovere prima di ogni altro è richiamarci tutti ad un rinnovato senso dello stato, della comunità e affermare con fermezza il valore dell'autonomia di una comunità locale e la centralità del bene comune nell'azione politica.

venerdì 3 dicembre 2010

La ricchezza del paesaggio, anche di Livorno

I danni al paesaggio ci colpiscono tutti, come individui e come collettività. Uccidono la memoria storica, feriscono la nostra salute fisica e mentale, offendono i diritti delle generazioni future. L'ambiente è devastato impunemente ogni giorno, il pubblico interesse calpestato per il profitto di pochi. Le leggi che dovrebbero proteggerci sono dominate da un paralizzante 'fuoco amico' fra poteri pubblici, dai conflitti di competenza fra Stato e Regioni. Ma in questo labirinto è necessario trovare la strada: perché l'apatia dei cittadini è la migliore alleata dei predatori senza scrupoli. È necessario un nuovo discorso sul paesaggio, che analizzi le radici etiche e giuridiche della tradizione italiana di tutela, ma anche le ragioni del suo logoramento. Per non farci sentire fuori luogo nello spazio in cui viviamo, ma capaci di reagire al saccheggio del territorio facendo mente locale. La qualità del paesaggio e dell'ambiente non è un lusso, è una necessità, è il miglior investimento sul nostro futuro. Non può essere svenduta a nessun prezzo. Contro la colpevole inerzia di troppi politici, è necessaria una forte azione popolare che rimetta sul tappeto il tema del bene comune come fondamento della democrazia, della libertà, della legalità, dell'uguaglianza. Per rivendicare la priorità del pubblico interesse, i legami di solidarietà che sono il cuore e il lievito della nostra Costituzione.
(Salvatore Settis, dal suo ultimo libro Paesaggio Costituzione cemento. Einaudi editore)

venerdì 19 novembre 2010

Quale novità, a quale prezzo?

In questi giorni è stata lanciata con enfasi la “novità” del cosiddetto “see and treat”.
Praticamente una modalità di gestione di alcune piccole urgenze che quotidianamente si presentano in ogni pronto soccorso e che prevede l'utilizzo di una particolare via preferenziale con gestion diretta da parte di infermieri che abbiano compiuto un corso specifico.
Il tutto per l'abbattimento dei tempi di attesa nei sempre più affollati pronto soccorso.
La cosa potrebbe sembrare a prima vista una cosa encomiabile, da sostenere.
La regione Toscana opportunamente ha iniziato un periodo di sperimentazione di circa sei mesi, dopo valuterà i lati positivi e quelli negativi; in maniera asettica, sperimentale, mi auguro.
Il problema però che si pone e che non balsa immediatamente agli occhi è di tipo culturale e normativo.
Non a caso metà degli ordini medici di tutta Italia hanno espresso dubbi. Non solamente, almeno sgombriamo il campo da falsi preconcetti, per una ragione di difesa della “casta” medica, che forse potrebbe anche esserci ma mi interessa meno.
Quello che si rischia con tale operazione se non condivisa e ben preparata è quello di aprire un vulnus nella già precaria figura del medico.
Il problema è squisitamente culturale e deontologico. Quale ruolo avrà il medico nel futuro della sanità pubblica? Tutto in questi anni ha fatto si che l'autorevolezza e la passione della figura professionale medica arretrasse. Una classe medica troppo chiusa su se stessa e giustamente ritenuta conservatrice, alla ricerca di interessi di nicchia che ne hanno minato la capacità di intervento unitario, è stata la prima causa di tale arretramento culturale. Ma le responsabilità vanno anche ricercate in un debole ruolo politico nella difesa dell'arte medica
In un periodo di grandi cambiamenti, anche per la sanità livornese (nuovo ospedale per intensità di cura, territorializzazione, see and treat), il ruolo del medico deve ritornare centrale nell'organizzazione e nella programmazione della salute del paziente-cittadino.
Non possiamo rischiare oggi di creare ulteriore confusione di ruoli, di competenza.
Il grave rischio è che proprio quel cittadino-utente-paziente che vogliamo mettere al centro di un percorso di salute nuovo, sia attore invece sempre più marginale delle proprie scelte.
Non è certo una questione di guerre contro qualcosa o qualcuno ma mi sembrano opportune le parole di Amedeo Bianco, presidente nazionale dell'ordine dei medici :”E' importanrte che il ruolo del medico resti centrale e di garanzia per il cittadino nei percorsi di diagnosi e cura e che il medico non sia emarginato o "bypassato". Valuteremo con cautela e seguiremo con estrema attenzione tale sperimentazione; questo non per una sorta di 'guerra' tra corporazioni ma in virtù delle garanzie da dare al cittadino".
Staremo a vedere.

venerdì 5 novembre 2010

Ritornare alle fonti

LA REPUBBLICA - 4/11/2010


L'INTERVISTA
Tettamanzi: "Immoralità dilagante
Italia malata come ai tempi della peste"
Il cardinale, arcivescovo di MIlano, punta il dito contro le vicende di Berlusconi. "Ogni giorno, leggendo i giornali, si ha la sensazione di sprofondare sempre più in basso. Per chi ha ruoli istituzionali, il privato è anche pubblico"
di ZITA DAZZI


Dionigi Tettamanzi
MILANO - "L'Italia di oggi è malata, come lo era Milano ai tempi di San Carlo e della peste. Ogni giorno leggendo i giornali si è portati a pensare che si stia sprofondando sempre più in basso. L'immoralità è dilagante, a tutti i livelli della società. Purtroppo, è diffusa l'idea che la vita debba essere per forza spensierata e allegra e talvolta si finisce per stordirsi sino all'ebbrezza. L'opinione pubblica sembra distratta da frivolezze, non avvertendo la gravità del momento. Ho però la speranza che prima o poi la nostra società trovi la forza di reagire e di rinnovarsi".


Non si preoccupa di celare l'amarezza, il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, alla vigilia della messa in Duomo nella solennità di San Carlo Borromeo, in occasione della quale leggerà una lettera di papa Benedetto XVI. Ed è proprio pensando a quelle che definisce le "miserie dell'attualità" che il porporato decide di sottolineare l'attualità dell'esempio di San Carlo, il grande teorico del rigore nella società e moralizzatore dei costumi.


Eminenza, che cosa pensa di quel che si legge in questi giorni sulle vicende private del presidente del Consiglio?
"Il problema non è quello che provo io, in questo clima di insipienza diffusa. Il problema più grave lo vivono i genitori che devono spiegare che cosa sta succedendo ai propri figli, alle figlie che hanno la stessa età di quelle
che si vedono in foto sui quotidiani in questi giorni. Di fronte a questo scadimento dei costumi bisognerebbe occuparsi di quel che filtra nel quotidiano delle persone, bisognerebbe dare voce al grave disagio che vive una società bombardata da messaggi distraenti e edonistici, in cui tutto si misura solo sulla base del divertimento, dello scherzo greve. Panem et circenses, si diceva ai tempi dei Romani".


Che cosa pensa che recepisca la gente?
"Si parla tanto di valori, si brandisce questa parola come un programma e uno scudo. Ma poi ci si comporta ispirandosi a principi molto diversi, si contribuisce a diffondere modelli educativi vuoti e pericolosi, soprattutto per le nuove generazioni".


Allude a chi in pubblico parla del valore della famiglia e poi in privato ha altre priorità?
"Non si deve scindere mai l'aspetto privato da quello pubblico. Soprattutto quando si hanno particolari responsabilità, in ogni ambito, il privato e il pubblico coincidono. E bisogna comportarsi in modo coerente con quel che si dice. Spesso alcuni mi dicono che mi dovrei interessare solo delle anime, ma sono convinto che devo occuparmi della persona nella sua integralità: anima e corpo insieme. E che quando si parla di valori, bisogna anche impegnarsi a creare le condizioni necessarie per realizzarli, altrimenti il discorso è inutile se non controproducente".


In questa situazione lei pubblica un libro dedicato a San Carlo ("Dalla tua mano", Rizzoli). Non le sembra una figura "inattuale" da proporre alla società di oggi?
"Me lo sono chiesto anch'io. Penso però che San Carlo sia quanto mai attuale, non solo perché proponeva uno stile di vita fortemente evangelico e umanizzante, ma perché la sua figura oggi ci inquieta, ci chiede di non accontentarci di quel che appare di facile conquista, di quel che viene comunemente accettato dalla società. Lui ci sprona ad essere presi dall'ansia del bene e del vero, per contagiare anche gli altri".


Lei ha parlato "dell'immoralità e disonestà che lacera la vicenda umana".
"La convivenza civile è minata dalla ricerca del successo a tutti i costi, è manipolata per strapparne il consenso, è tradita quando non è aiutata a cercare il bene comune. Bisogna amare instancabilmente, perdonando, donando tutto di sé, preferendo i poveri e gli ultimi. Il Borromeo attraversava la città ferita dalla peste, stava in mezzo alla gente, specie se povera e provata, non per essere populista, per guadagnare consenso e plauso, ma per vivere relazioni autentiche".


La Chiesa dà voce al disagio per la situazione politica italiana. Ma il vostro allarme non viene recepito. Lei stesso è stato spesso attaccato per le sue posizioni. Non si sente isolato?
"L'unico criterio per me è il Vangelo e la fedeltà ad esso. Anche quando è scomodo, anche quando impone un prezzo da pagare, anche quando la fedeltà relega a posizioni di minoranza o porta ad incomprensioni o irrisioni. Anche San Carlo diceva cose "inattuali" al suo tempo. Oggi viviamo una frazione di storia nella quale ci pare di essere al colmo del male, dove il bene non si vede e non riesce a crescere, a contagiare, a rinnovare. Ma penso che avere uno sguardo più ampio e profondo possa esserci di grande aiuto. Quel che ora non fruttifica domani può germogliare".

venerdì 15 ottobre 2010

Referendum tra Genetica e Democrazia

Ultimamente il carissimo Gianfranco Lamberti tiene molto alle comuni radici genetiche che divide con esponenti della politica della nostra città e penso che questo sia un fatto positivo; ha iniziato a ritrovarle con il consigliere Del Corona e sulle pagine dei giornali di oggi si legge soprattutto con il Sindaco; una sorta di auspicata garanzia di corretta azione politica.
Parlando al due volte collega consigliere e medico certamente saprà che in genetica esistono i “salti”, quelle piccole variazioni nelle basi che compongono il DNA che sarebbero alla base secondo le più accreditate teorie niente meno che all’evoluzione delle specie, nel senso di quel miglioramento filogenetico dei caratteri, importante soprattutto per l’adattamento a nuove situazioni ambientali.
Il referendum è un organismo di consultazione politica troppo importante per essere girato e rigirato. Certo questo non lo fa il capogruppo di Confronto ma sembra di vedere un eccesso di nervosismo da parte di persone a lui vicine, almeno in questa fase referendaria.
Il referendum sarà vissuto, arriveremo ad un risultato e quello dovrà essere il punto di confine da cui partire per ogni altra successiva discussione.
Benissimo ha fatto il Sindaco a prospettare una ricognizione nella conferenza dei capogruppo; ma questa non dovrà minimamente scalfire e sminuire quella che è la sovranità del consiglio comunale in toto; unico organismo sovrano della politica cittadina.
Questo fatto (la centralità comunque del consiglio) non è né una appropriazione indebita né una concessione, è una garanzia di funzionamento democratico di una polis, nel solco di quello che dice la legge.
Gianfranco Lamberti è politico intelligente e corretto e più volte in questo anno e mezzo di legislatura ci ha richiamato tutti al riconoscimento della sovranità del Consiglio comunale e alla necessità di portare lì ogni discussione con valenza politica per la città (porto, società della salute, cave ecc.).
Il giorno dopo il voto , che mi auguro senza infingimenti il più partecipato possibile, come ho già detto dovremo partire esclusivamente da quello che sarà il risultato , qualunque esso sia, e il risultato referendario (si, no, non raggiungimento del quorum) avrà il significato più importante.
L’organo di sedimentazione del voto dovrà essere il Consiglio e mi auguro che nessuna scorciatoia sia messa in campo.
Volenti o nolenti il Consiglio Comunale è la massima espressione della democrazia della nostra città. Si potrà criticare l’operato dei vari consiglieri più o meno capaci ma l’istituzione supera per importanza qualsiasi forma di individualismo.
Appare quindi chiaro che all’indomani del voto solo il consiglio comunale sarà il luogo dove si potrà scomporre e ricomporre ogni successivo indirizzo e ogni soluzione politica, nel legittimo gioco tra opposizione e maggioranza sempre con la bussola rivolta alla ricerca del Bene Comune.
Ogni altro “gioco” non lo riterrei gentile nei confronti di chi crede nella democrazia davvero.

I modelli virtuosi della salute oltre la Toscana

Le impegnative per prescrivere gli esami in Lombardia saranno valide per un anno, e non più sei mesi come avveniva finora. La novità è contenuta nel terzo provvedimento sulla Gestione del servizio socio-sanitario 2010, appena approvato dalla Giunta regionale su proposta dell' assessore alla Sanità Luciano Bresciani. Nello stesso provvedimento viene inoltre estesa anche agli specialisti delle strutture private accreditate la possibilità di utilizzare il "bollino verde" per gli esami urgenti (da svolgere entro 72 ore), dopo che nel giugno dello scorso anno gli stessi medici erano stati abilitati a utilizzare il cosiddetto "ricettario rosso". «Proseguiamo nel percorso di miglioramento continuo della qualità del servizio sanitario - commenta l'assessore Bresciani - e lo facciamo come sempre in costante e continuo dialogo con i nostri professionisti, in una logica di concerto e di condivisione delle scelte. Infatti la decisione di estendere il periodo di validità dell'impegnativa è derivata da una segnalazione della Federazione regionale degli Ordini dei Medici».

venerdì 30 luglio 2010

Garante dei detenuti, garante di tutti

La questione del regolamente del garante delle persone private della libertà, adesso che sono passati alcuni giorni dalla discussione in consiglio comunale, merita alcune riflessioni.
Prima di tutto sottolineare come fatto di civiltà la possibilità che il Comune della nostra città possa ora fornirsi di una figura di garanzia di questo livello.
Il garante dovrà lavorare soprattutto nei confronti di quei detenuti più deboli, più poveri, di quelli che non hanno voce,che non riescono a farsi sentire , che non ne hanno la forza.
Paradossalmente in carcere si sta "meglio" se sei qualcuno, se coinvolto in crimini mafiosi o comunque di criminalità organizzata. Il piccolo spacciatore, il ladro di piccoli furti, sconta la pena nell'abbandono e nella solitudine assordante, incapace il più delle volte anche di capire la via da perseguire per far valere diritti anche minimi.
Esistono luoghi che la legge prevede per il controllo dei diritti dei carcerati, in primis la magistratura di sorvegianza che svolge un lavoro encomiabile ma ai limiti delle proprie possibilità oberata come è da procedure che per volume non riesce più a compiere.
Il garante del nostro Comune non sarà contro ma con e per. Con l'istituzione carceraria, il suo direttore, le guardie che vi lavorano, per loro e con loro a favore dei più deboli.
Dovrà rendere conto del suo operato al consiglio comunale in primis e a tutta la città.
Una nota di politica: mi ero personalmente impegnato per una soluzione larga, preferibilmente votata all'unanimità. Eravamo partiti bene con un ottimo lavoro in commissione. Avevamo avuto le aperture necessarie del Sindaco..poi i soliti giochi politici, il mettersi di traverso, incompresibilmente.
Prevale alla fine sempre la logica dell'apparire, della visibilità, del coltivare il proprio orticello. Logica di pochi (che non rientra assolutamente nel mio pensiero) ma a scapito di tutti. Peccato un'altra occasione persa di far politica in una logica di servizo e di dialogo (che rientra nel mio pensiero).
Alla fine comunque un risultato accettabile.
Ci proveremo ancora Sam.

martedì 22 giugno 2010

MORIRE DI LAVORO(intervento in consiglio comunale)

LA CRONACA DI QUESTI GIORNI HA RIPORTATO DRAMMATICAMENTE ANCHE NELLA NOSTRA CITTA' IL FATTO CONCRETO CHE DI LAVORO SI PUO' MORIRE.
DUE GIOVANI VITE STRAPPATE AL LORO FUTURO E AI LORO CARI.
NON E' POSSIBILE NON FARSI CARICO COME ISTITUZIONI CITTADINE DI SIMILI DRAMMATICI EVENTI; E' COMPITO DELLA POLITICA ASSUMERSI LE PROPRIE RESPONSABILITA' DOPO LA NATURALE E DOVEROSA PARTECIPAZIONE AL LUTTO DELLE FAMIGLIE COLPITE.
PRIMO COMPITO DELLA POLITICA E' QUELLO DI RIAFFERMARE CON FORZA LA CENTRALITA' DELL'UOMO NEL CONCETTO DI LAVORO.
RIAFFERMARE UNA CULTURA FORTE DEL LAVORO CONSIDERATO COME BENE PRIMARIO DELL'UOMO, COME VOCAZIONE UNIVERSALE DI OGNI UOMO E DONNA.
IL LAVORATORE – PERSONA UNICO SOGGETTO DEL LAVORO STESSO.
ESSO NON PUO' MAI E IN ALCUN MODO ESSERE POSTO AL SERVIZIO DI UNA VISIONE ESCLUSIVAMENTE UTILITARISTICA ED ECONOMICISTA O MATERIALISTA DEL LAVORO, E NOI TUTTI SAPPIAMO INVECE COME OGGI QUESTO SI VERIFICHI SEMPRE IN MAGGIOR MISURA, SOPRATTUTTO DOPO I TRAVOLGENTI FENOMENI DI GLOBALIZZZAIONE DEL LAVORO E DELL'ECONOMIA.
E' NECESSARIO CON URGENZA OGGI SALVAGUARDARE UNA CULTURA DOVE SIA AFFERMATO CON FORZA IL PRINCIPIO DELLE PERSONE SULLE COSE.
IN CUI IL POSTO DI LAVORO NON SIA MAI MESSO IN BALLOTTAGGIO CON LA VITA.

La legislazione italiana fin dal 1994 con il dlgs 626/94 si era dotata di una buona
legge che metteva al centro il rispetto della vita della persona coniugando sicurezza
ed organizzazione del lavoro, obbligando i datori di lavoro alla valutazione dei rischi in
una logica partecipativa che si proponeva di coinvolgere tutti i soggetti interessati.
Il testo unico approvato in seguito integra la legge 626/94. Precisa gli obblighi dei
datori di lavoro, l’importanza dei controlli (pensiamo al lavoro nero e agli appalti al più
alto ribasso) e del coordinamento fra i vari soggetti (ispettori, Asl, vigili del fuoco…),
la formazione e la prevenzione, l’istituzione del rappresentante dei lavoratori a livello
territoriale, gli incentivi e gli aiuti alle imprese che lavorano rispettando le leggi della
sicurezza.
Non bastano però buone leggi, occorre una cultura della sicurezza sul lavoro diffusa
e patrimonio di ogni persona. Occorre investire in informazione e formazione anche
nelle piccole e medie imprese che rappresentano in Italia oltre il 90% delle aziende.
Convincersi che la sicurezza conviene: conviene alla persona che lavora, conviene
all’impresa, conviene alla collettività.
La questione è che il lavoro è ancora considerato sostanzialmente
una merce, anche se, in questo caso, la ‘merce’ non è un prodotto, ma una
persona con la sua dignità. È evidente che ci sia una questione di cultura del
lavoro sia da parte del datore del lavoro sia del lavoratore
La semplificazione delle leggi passa anche attraverso la formazione ma non è sufficiente, le leggi devono diventare più attuabili.
Molto spesso gli imprenditori trovano più conveniente applicare le certificazioni, che non sono obbligatorie per legge, che applicare le leggi stesse. Ma l’applicazione della certificazione senza l’applicazione della legge
lascia scoperte alcune aree di tutela, la più importante delle quali è proprio
la sicurezza sul lavoro. È un sistema che non ha al centro il problema della
salute. Infatti, anche se il legislatore considera una priorità la questione
della salute, il ‘mondo’ aziendale ritiene fondamentali altri aspetti, come il
miglioramento dei processi o il profitto, che fanno relegare in secondo piano il
rispetto per la vita delle persone.
Per evitare che la cultura del lavoro decada ulteriormente, serve innanzitutto
mantenere alta l’attenzione su questi problemi.
Il secondo passo è fare formazione. Il decreto legislativo 626/94 viene considerato un costo, ancor di più la formazione aziendale in generale, non solo quella sulla sicurezza
sul lavoro. Il decreto legislativo 626 è una legge che tutela la salute dei
lavoratori e che necessita di formazione; perciò, riunisce i due punti deboli
nella cultura aziendale: le spese per la formazione e le spese per la sicurezza.
A far aumentare gli incidenti c’è anche un’errata percezione del rischio
“La percezione del rischio è una questione centrale, ma anche in questo
caso frutto di percorsi educativi, formativi e culturali. La routine, altrimenti,
fa sì che una stessa operazione, la prima volta, sia fatta rispettando tutti i
meccanismi di sicurezza, fatta la centesima volta non ci si preoccupa più di
mettere neanche il casco. Quindi serve vigilanza e formazione continua”.
Un altro punto dolente è la scarsità di controlli…
“Il numero degli ispettori è irrisorio, e non solo. Ci sono aziende molto grandi
che hanno controlli da parte della vigilanza tutti i giorni, mentre ci sono
aziende medio-piccole che sono prese meno in considerazione dalla vigilanza e invece sono quelle dove si muore di più. Infatti, la grande azienda già di suo cerca di evitare gli
infortuni perché se c’è un incidente gli si blocca un cantiere per diversi mesi
e quindi è antieconomico, così anche gli uffici pubblici applicano le misure
per la sicurezza. È il piccolo e medio privato che non trova convenienza nel
rispettare le regole per la sicurezza ed è proprio su queste aziende che si
agisce poco.

venerdì 4 giugno 2010

Verso il referendum

La complessità richiede molta responsabilità, soprattutto in campo politico dove le scelte ricadono su tutta la collettività.
Ancora a proposito del nuovo ospedale riecheggiano qua e la voci alquanto superficiali. Adesso l'idea prevalente sarebbe quella di interpretare la costruzione di un nuovo ospedale nella nostra città come il tentativo di depotenziare la sanità livornese accrescendo quella pisana. Se questo sarà il tenore della campagna referendaria allora non ci sarà nulla da temere per chi è favorevola all'ubicazione di via Mondolfi (approssimandosi il referndum sarà bene cominciare ad essere precisi).
Io ho sempre dichiarato con forza che la discussione sul nuovo ospedale e sulla riorganizzazone dei servizi sanitari (tralasciando al momento quelli sociali)doveva purificarsi da ogni orpello ideologico e lasciare il passo ad un franco confronto sui fatti.
Penso che la costruzione del nuovo ospedale e soprattutto la riconversione del vecchio non potranno essere sganciati da una visione complessiva della città del futuro, questo da un punto di vista urbanistico ma anche da un punto di vista culturale e sociale e riconosco che poteva essere fatto di più da parte dell'amministrazione, soprattutto in termini di comunicazione.
Detto questo, siamo ancora in tempo a far si che la futura campagna referendaria non si trasformi in mera lotta politica;altrimenti, se crediamo nella buona fede di chi è andato a firmare, e io ci credo, sarebbero proprio le loro aspettative ad essere tradite.

venerdì 23 aprile 2010

"Aspettando il Noli"

In questi giorni è tornata con forza la questione del porto turistico di Livorno.
C'è un gran parlare, fare ipotesi, rispolverare "vecchie questioni".
Tutti preoccupati di elargire benessere alla nostra città.
Leggo nella stampa cittadina che è stato affidato un incarico non meglio definito e precisato all'architetto Noli per l'esecuzione di uno studio di fattibilità per un porto turistico alla Bellana.
Niente di male.
Voglio solo ricordare, e lo dico in veste di consigliere comunale, che esiste un accordo di programma siglato a Palazzo Chigi che prevede la realizzazione di un porto turistico all'interno del Mediceo.
"Ergo" il porto tuirstico va fatto nel Mediceo, anche perchè tale progetto è uno dei maggiori atti qualificanti di tutta l'operazione Porta a Mare.
Ogni "consumazione" o violenza fatta al litorale livornese sarebbe per me inopportuna.
Violare un'area di pregio come quella della Bellana sarebbe un sopruso alla città. Eventualmente dovremmo impegnarci per renderla migliore, confortevole.
La necessità di posti barca non può essere appagata consumando ancora bellezza della città.
Meglio parlare di riqualificazione e di fruibilità della città da parte di tutti e non pensare a risolvere problemi in un'ottica miope.
Comunque buon lavoro architetto.

venerdì 5 marzo 2010

ENERGIA: preludio

Sembra una maledizione dovere sempre inseguire qualche emergenza. Adesso tocca alla centrale energetica a biomasse.
Questa escalation di questioni non fa bene alla città; tutto appare superficiale, poco ragionato.
La questione è di quelle non da poco perchè non riguarda solo la nostra responsabilità, ma la qualità della vita dei nostri figli e nipoti.
E' necessario subito sgomberare il campo da possibili "inquinanti", mi spiego meglio, non è possibile decidere su questa "roba" inchinandosi al moloch dell'opportunità economica di qualche parte a scapito di una maggioranza di spettatori. Il centro della questione è sempre il solito: il bene comune.
Quando allora si parla di questioni simili dobbiamo per prima cosa domandarci quale sia la cosa migliore da fare per tutti, per una città intera.
Parlando di centrale a biomasse allora la centralità del discorso deve essere quale sia il rapporto di una eventuale ricaduta positiva sull'economia della città e i rischi climatici-ambientali che corriamo. E se la bilancia dovesse pendere dalla parte dei rischi dobbiamo allora avere il coraggio di rinunciare e pensare strategie diverse (riconversione della centrale ENEL? fra l'altro a quanto ne so in "svendita").
Altro aspetto, non di secondo ordine: qualcuno potrebbe dire che queste sono cose da tecnici,lasciamo fare a loro. Assolutamente no.
Dobbiamo affermare con forza il nostro diritto di informarci e di riflettere.
Per cominciare andare direttamente alle fonti:cosa dice il PIER (non fatevi spaventare) Piano di Indirizzo Energetico Regionale che potrete trovare all'indirizzo http://www.regione.toscana.it/regione/multimedia/RT/documents/1199714536712_Piano_indirizzo_energetico_regione_toscana.pdf
oppure la legge 39 del 2005 della regione toscana disposizioni in materia di energia
http://www.regione.toscana.it/regione/multimedia/RT/documents/1199709315333_legge-2005-00039.pdf
Buona lettura e meditate gente, meditate.
Io la mia idea me la sto facendo... alla prossima puntata.

venerdì 19 febbraio 2010

Unioni Civili una occasione da non perdere

Il Consiglio Comunale della nostra città è stato chiamato ancora una volta a discutere ed esprimersi su argomenti delicati, che ruguardano la coscienza, la libertà e l'etica di ognuno di noi.
Questa volta al centro della discussione c'era l'argomento delle unioni civili e la possibilità di una eventuale attivazione di un registro comunale.
Ha prevalso secondo il mio parere una poszione di buon senso. Non attendista o rinunciataria come forzosamente è stata descritta durante la discussione consiliare.
Ha prevalso l'idea che argomenti di questa portata debbano necessariamente essere aperti ad un confronto sereno e con un tempo sufficientemente ageduato e che coinvolga tutta la città, o almeno cerhi di farlo.
Come forza di maggioranza ci siamo ancora una volta presi l'onere di aprire spiragli di confronto; impegnando direttamente il consiglio attraverso proprie commissioni permanenti e innescando un percorso di partecipazione cittadina che dovrà coinvolgere il più ampio schieramento di forze possibili che riescano a dotare Livorno di un pensiero alto.Soprattutto le forze di quell'associazionismo religioso e laico di cui Livorno è enormemente dotata, magari anche a sua insaputa.
Mi chiedo quante occasioni di incontro ha nno avuto organizazioni anche distanti tra loro per confrontarsi, ricersarsi. Cosa ne pensa ad esempio su questi argomenti l'Azione Cattolica o l'ARCI; cosa ne pensa la comuinità ebraica o il fronte del pensiero laico-liberale.
E' scandaloso perseguire una idea di partecipazione cittadina solamente su aspetti importanti magari come l'ospedale e ritenere che gli argomenti sui diritti e doveri delle scelte di coscienza debbano essere relegati esclusivamente nel profondo nascosto di ognuno di noi.
E' questa la parte peggiore dell'individualismo ormai pervasivo anche della nostra sensibilità civile.

sabato 2 gennaio 2010

IDEE IN LIBERTA'

Ogni nuova esperienza ha necessità di essere presentata. Nell'infinito mare del web un blog in più o in meno ha poca importanza. Perchè allora crearne uno di nuovo?
Perchè sono convinto che sia necessaria una maggiore azione di riflessione collettiva.Questo blog vuole essere il tentativo di porre sul piano della condivisione almeno cittadina il maggior numero di questioni che riguardano la sfera politica, sociale e culturale di Livorno.
Non c'è nessuna tentazione di intento moralistico ma l'assoluta necessità di condividere un cammino insieme ad altri cittadini che sentano la responsabilità della crescita della propria città.

(…) Signori, vi chiedo: una delle cause fondamentali di questa crisi -una crisi che tocca le concezioni basilari della persona umana, della società umana, della storia umana- non sta forse nella crisi della città?
Crisi di sradicamento, come è stato giustamente detto: sradicamento della persona dalla città, da cui la persona trae perfezione e misura!
Perché la persona umana è in qualche modo definita dalla città in cui si radica: come la pianta dal suo campo.
La città con le sue misure, il suo tempio, le sue case, le sue strade, le sue piazze, le sue officine, le sue scuole, rientra in qualche modo nella definizione dell'uomo! (…)(Giorgio La Pira)